Una polemica infondata, basata su presupposti sbagliati
Reggio Emilia, 4 Febbraio 2008
In riferimento agli articoli pubblicati sulle edizioni de L’informazione di Reggio Emilia del 3 e 4 febbraio, dal titolo “Mancano le strutture per affrontare l’emergenza” e “Polemica sull’assistenza del Centro Traumi”, si ritiene necessario fornire alcune precisazioni, in quanto molte affermazioni contenute negli articoli risultano prive di fondamento, evidentemente frutto di informazioni errate e se ne chiede la pubblicazione integrale ai sensi della legge sulla stampa.
Richiesto di esplicitare le ragioni dell’assenza di un “Centro Traumi” all’Ospedale di Reggio, il Direttore Generale dell’Assessorato Regionale alle Politiche per la Salute, Dr. Leonida Grisendi ha puntualmente descritto il modello organizzativo regionale che orienta l’assistenza ai gravi traumi cranici e spinali (Sistema integrato di assistenza ai traumi – SIAT).
In questa organizzazione, la neurochirurgia dell’ospedale di Reggio costituisce un’appendice della omologa Struttura di Parma: tra l’altro, del tutto recentemente, presso l’ospedale Maggiore, è stato costituito un reparto di Neurochirurgia d’Urgenza, affidato alla direzione del Dott. Franco Servadei, che garantisce le attività urgenti e programmate anche presso il nostro ospedale.
E’, peraltro, un fatto ormai consolidato che a Reggio, oltre agli interventi chirurgici per gravi traumi cranici e per molte altre tipologie di urgenza neurochirurgica, vengano effettuati interventi programmati per le patologie della colonna ed interventi per patologie neoplastiche cerebrali.
Dal 1999, quindi, le attività che venivano effettuate solo nelle vicine città di Reggio e Modena, vengono assicurate anche presso il nostro ospedale con elevata soddisfazione dei cittadini per la qualità dei risultati prodotti.
Il gravissimo caso della studentessa diciassettenne di venerdì 1 febbraio, tuttavia, non ha nulla a che vedere con il modello organizzativo dell’assistenza ai traumi cranici: non si è trattato, infatti, delle conseguenze di un trauma cranico, ma di una patologia vascolare che, come quasi sempre accade, rimane silente ed ignota fino al momento in cui si manifesta con tutta la sua dirompenza.
In questo caso, il trasferimento si imponeva, come è stato, poi, dimostrato dalle difficoltà incontrate nell’esecuzione di un intervento chirurgico efficace, pressoché impossibile anche per specialisti di elevata esperienza e professionalità come i colleghi neurochirurghi di Parma. E non per presunti ritardi nel trasferimento, bensì per la sua gravità.
Attualmente, un’ unica tipologia di interventi neurochirurgici non viene effettuata nel nostro ospedale: quella per patologie vascolari malformative, che, da sempre, vengono trasferite al Maggiore di Parma, dove la concentrazione di una casistica numericamente rilevante, ha consentito di sviluppare competenze chirurgiche e neurointerventistiche di elevato livello, che danno risposta anche ai cittadini della provincia di Reggio. Le emorragie cerebrali non malformative (molto più comuni) vengono trattate anche nel nostro ospedale: ben 73 cittadini di Reggio sono stati trattati nel 2007 al Santa Maria Nuova per una emergenza neurochirurgica traumatica e non traumatica, mentre i trasferimenti in urgenza a Parma, nello stesso anno, sono stati meno di 10.
In questo scenario, affermare che la Sanità reggiana non sia in grado di dare sicurezza ai cittadini sulle vere emergenze, partendo da un presupposto sbagliato (un evento vascolare assimilato ad un trauma cranico, per il quale, se di questo si fosse trattato, la risposta sarebbe stata immediata e tempestiva proprio nel nostro ospedale) sarebbe come affermarne l’inadeguatezza per il solo fatto che nel nostro ospedale non si effettuano trapianti d’organo o interventi cardiochirurgici.
Così come non si capisce quale sia la relazione fra i fatti descritti e le carenze d’organico medico recentemente segnalate dal Segretario di un Sindacato: nel caso specifico, i tempi d’intervento, di stabilizzazione in Pronto Soccorso della paziente e di diagnosi della patologia alla base della malformazione cerebrale, sono stati rapidissimi, a dimostrazione che l’ospedale era nel pieno della sua efficienza.
Incomprensibile, infine, è il legame che unirebbe un evento drammatico quale un’emorragia cerebrale spontanea massiva in una giovane studentessa, con fantasiose teorie di politica sanitaria secondo cui il Santa Maria Nuova sarebbe preda di una deriva causata dalla scelta, operata a Reggio fin dagli anni ’80, di privilegiare la “medicina di massa” rispetto a quella delle eccellenze e di favorire la crescita della sanità pubblica a danno di quella privata. Non sottraendoci a questo dibattito (che, appare, comunque fuori luogo in relazione all’evento che lo avrebbe stimolato) ci si limita ad affermare che fortunatamente, il Sistema Ospedaliero reggiano, lungi dall’essere apoditticamente il migliore, non ha mai dimenticato le radici del suo essere parte di un Servizio Sanitario pubblico che deve saper coniugare universalismo ed accessibilità a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito con quella qualità e quell’efficienza che, sino ad oggi, lo hanno preservato dalle critiche e dalle polemiche sollevate quotidianamente in altre realtà dagli organi di informazione nazionali. Lo sa bene e lo percepisce in modo tangibile chiunque acceda ai nostri servizi, ambulatoriali o di degenza.
Polemiche insussistenti e fuorvianti, quindi, in un episodio tragico per la gravità del quadro clinico, nell’ambito del quale il fornire informazioni non corrette e collegarle a errori di programmazione o scarsa capacità del Santa Maria Nuova di assicurare tutela ai cittadini nelle condizioni più urgenti, rischia di generare nei lettori un’opinione tanto allarmistica quanto infondata.