Chirurgia artroscopica di spalla nelle patologie della cuffia dei rotatori
Le patologie della cuffia dei rotatori sono tra le più frequenti cause di dolore e limitazione funzionale che affliggono la spalla.
Fino a pochi anni fa era in auge il termine generico di “periartrite scapolo-omerale”, usato più o meno per descrivere qualsiasi condizione dolorosa e di limitazione articolare senza però individuare la reale alterazione o lesione che ne fosse alla base.
La spalla è un’articolazione molto complessa e come tale può essere interessata da condizioni patologiche che possono riguardare sia le componenti osteo-cartilaginee che muscolo tendinee. Va inoltre ricordato che essa è tra le articolazioni che più frequentemente colpite da sindromi reumatiche, ad esempio artrite reumatoide, fibromialgia e polimialgia.
La cuffia dei rotatori è composta da 4 muscoli che originano dalla scapola e si inseriscono con i loro rispettivi tendini sulla testa dell’omero. Ha due funzioni, quella di permettere determinati movimenti del braccio, e quella di stabilizzare e centrare la testa dell’omero nella glena scapolare.
I muscoli della cuffia dei rotatori, partendo da dietro all’avanti, sono:
- il piccolo rotondo,
- il sottospinoso,
- il sovraspinoso,
- il sottoscapolare.
I tendini della cuffia dei rotatori possono essere lesionati a causa di un trauma (rotture traumatiche) o per una usura cronica che causa la degenerazione del tessuto tendineo e il suo cedimento in assenza di veri e propri traumi (rottura atraumatiche). Le rotture traumatiche conseguono a contusioni sulla spalla (traumi diretti) o per cadute a terra sulle mani o sui gomiti (traumi indiretti).
Nei traumi indiretti la forza traumatica si trasmette alla spalla attraverso l’arto superiore (mano, gomito) che subisce direttamente il trauma.
I tendini della cuffia dei rotatori sono sottoposti a continue sollecitazioni sia nelle attività quotidiane, sia in quelle professionali, sia in quelle sportive. A ciò bisogna aggiungere che, con l’avanzare dell’età anagrafica del Paziente, i tendini della cuffia sono soggetti ad un fisiologico “invecchiamento” che ne altera le caratteristiche riducendone la resistenza. Ciò spiega l’elevata frequenza delle lacerazioni atraumatiche nei Pazienti anziani.
Anche altri fattori, cosiddetti estrinseci, possono favorire le rotture della cuffia. Ne sono esempio le malattie endocrinologiche come il diabete, l’assunzione prolungata di antibiotici fluorochinolonici, il tabagismo.
Riassumendo le più frequenti patologie della cuffia dei rotatori sono:
- rotture traumatiche;
- rotture atraumatiche;
- tendinopatie infiammatorie o degenerative (es. tendinite calcifica).
La chirurgia artroscopica è di estrema utilità, invece, nella maggior parte delle lesioni tendine.
Essa consiste nel riparare i tendini attraverso piccoli portali d’accesso, delle dimensioni di 1 cm o meno, attraverso i quali vengono introdotti un’ottica collegata ad una telecamera e gli strumenti chirurgici (fig. 1). L’intervento è condotto quindi senza aprire l’articolazione, rispettando tutti i muscoli che la ricoprono. In tal modo il trauma chirurgico è minimo e crea i presupposti per il migliore recupero funzionale (fig. 2, 3 e 4).
L’intervento è condotto in regime di anestesia combinata, sia generale che loco-regionale. L’anestesia generale consente di lavorare con il completo rilassamento muscolare del paziente e di controllare efficacemente la pressione diastolica, mentre la loco-regionale è essenziale per il controllo del dolore post operatorio. In artroscopia è possibile effettuare tutte le procedure chirurgiche necessarie: l’acromion-plastica (l’asportazione della porzione che danneggia i tendini); l’asportazione della borsa sinoviale (se infiammata); la tenotomia (sezione) del tendine del capo lungo del bicipite quando è lesionato o degenerato.
Non tutte le lesioni tendinee della cuffia possono essere riparate. Appartengono a questa categoria le lesioni di grandi dimensioni, che coinvolgono 3 o più tendini (chiamate “massive”), nelle quali non è più possibile avvicinare i lembi perche troppo distanti tra loro. Non possono essere riparate nemmeno le lesioni che datano da molti mesi o anni (chiamate “inveterate”) nelle quali la parte carnosa del muscolo (ventre muscolare) si è atrofizzata ed è stata sostituita da tessuto fibroso (degenerazione fibro-adiposa del muscolo). La riparazione chirurgica delle rotture tendinee degenerative nelle persone di età superiore ai 65 anni deve essere valutata con perizia per l’elevata percentuale di rirotture. Ciò è causato dal fisiologico invecchiamento dei tendini che, anche se riparati, non cicatrizzano o si rompono nuovamente. Proprio la rirottura dei tendini è la complicanza più frequente, descritta in letteratura con percentuali che vanno dal 25% al 90% dei casi.
Riassumendo e semplificando le condizioni per cui intervenire chirurgicamente in artroscopia sono:
- rotture in pazienti giovani (anziani da valutare singolarmente),
- rotture traumatiche.
Condizioni per le quali non intervenire in artroscopia sono invece:
- rotture inveterate in pazienti anziani (e giovani da valutare singolarmente)
- rotture associate alla presenza di artrosi gleno-omerale (artropatia da rottura di cuffia)
- lesioni su base degenarativa con infiltrazione adiposa dei muscoli.
Bisogna considerare che circa il 60% della popolazione di età superiore ai 65 anni ha lesioni della cuffia dei rotatori silenti o con minimi disturbi. Ciò perché si è verificato un buon compenso grazie al deltoide ed agli altri muscoli della cuffia. In questi casi l’intervento chirurgico non è necessario se un adeguato programma di fisiochinesiterapia risolve i disturbi del Paziente.
La fisiochinesiterapia ha un ruolo fondamentale sia prima che dopo l’intervento chirurgico. Altrettanto importante è la ginnastica che il Paziente deve imparare e praticare regolarmente, soprattutto quando si può evitare l’intervento chirurgico.
Nel periodo post-operatorio la fase di riabilitazione è lunga in conseguenza del lento processo ripartivo biologico dei tendini. Se i tendini rotti sono stati suturati (ricuciti), è fondamentale l’utilizzo di un adeguato tutore per il braccio per 3 settimane. Per le prime 6 settimane dopo l’intervento il braccio deve essere mosso solo dal terapista o dallo stesso Paziente, adeguatamente istruito, utilizzando il braccio sano per muovere quello operato (chinesiterapia passiva). Ciò significa che il braccio non deve essere mosso attivando la muscolatura dello stesso arto per non lacerare la sutura appena effettuata. Trascorso questo periodo, inizia gradualmente la chinesi attiva (il Paziente inizia a muovere l’arto con la propria forza). Di notevole importanza in questa fase riabilitativa è la ginnastica in acqua (idrochinesiterapia). Progressivamente iniziano anche gli esercizi di rinforzo muscolare. La riabilitazione non è mai inferiore ai 3-4 mesi e il risultato finale nella maggior parte dei casi non si raggiunge prima di 5-6 mesi dall’intervento.